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Lo strumento grafologico nella crescita scolastica

Liberamente estratto dal convegno nazionale di A.G.P. Veneto del 17.04.2021, relatori:

  • Roberto Travaglini: presidente A.G.P., pedagogista, professore di Pedagogia del gioco allUniversità di Urbino Carlo Bo
  • Barbara Bitelli: laurea in Scienze e tecniche psicologiche, consulente grafologa con specializzazione in grafologia giudiziaria, docente corsi ASeRGraf
  • Nadia Zanzottera: educatrice sociale, tutor DSA, educatrice del gesto grafico, grafologa delletà evolutiva, grafologa peritale
  • Rachele Maiuri: laurea in Psicologia clinica, fisioterapista, grafologa, educatrice del gesto grafico
  • Andrea Barin: laurea magistrale in Filologia moderna, docente di Lettere presso il Liceo Curiel di Padova, grafologo, docente corsi A.SeR.Graf
  • Aurora Rossi: laurea in Scienze e tecniche psicologiche, educatrice professionale, docente corsi A.S.eR.Graf

Il principio attivista si basa sul presupposto che la mente dell’allievo è attiva per cui il sistema scolastico dovrebbe essere costruito intorno a lui, all’allievo, che può essere considerato come una sorta di sole intorno a cui ruota il sistema scolastico.

La didattica è fatta su misura e l’individualizzazione è lo stesso concetto cardine di noi grafologi: ogni scrittura, ossia ogni mano scrivente, è unica e irripetibile, pertanto originale.

E dato che ogni scrittura è diversa dalle altre, è lecito ipotizzare che ogni scrittura traduce le note caratteristiche del soggetto scrivente individuandone in questo modo le specificità di tipo caratteriale.

Ognuno di noi ha un proprio stile cognitivo ed emozionale e proprie caratteristiche tipologiche e caratteriologiche e dato che ognuno di noi è diverso dagli altri l’insegnante si dovrebbe porre in modo diversificato per ogni alunno  : solo in questo modo è possibile toccare le note profonde che contraddistingue l’animo di quel soggetto, che non sarà mai standardizzabile rispetto ad altri soggetti o ad un ideale di studente tipo.

A questo concetto base del sistema attivista se ne accompagna ad un altro non meno importante, ossia che l’insegnante dev’essere formato sul fronte psicologico in modo da  riuscire a cogliere gli aspetti che contraddistinguono la mente infantile/adolescenziale a cui si approccia e in modo da sinergizzare la sua operazione didattica tenendo conto dell’altro necessario obiettivo che è quello di dare un insegnamento che sia allargato a tutta la classe, quindi ad una piccola società.

Ognuno di noi ha una struttura intellettiva diversa da tutte le altre e ci si riporta, a riguardo, alla teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner, pedagogista, che ha isolato diverse forme mentis. Secondo la sua innovativa teoria cognitiva, ormai assunta dall’intero mondo scientifico umanistico, l’intelligenza non è unica ma plurale, ossia costituita da una pluralità di moduli intellettivi che hanno in qualche modo una loro autonomia benché poi possono interagire con altri moduli.

Ognuno di noi nasce con forme mentis più forti di altre.

Gardner è arrivato a isolare 10 tipi di intelligenza e la 10ª intelligenza è quella dell’insegnante, ossia la capacità innata di creare una comunicazione didattica adeguata con l’altra persona. 

Tutti possono arrivare al medesimo obiettivo (stesse conoscenze) pur tenendo conto delle singole diversità ma purtroppo il sistema scolastico è da sempre basato fondamentalmente su due forme di intelligenza, quella linguistica e quella logico-matematica (tutt’al più, con l’avvento oggi della digitalizzazione e dell’informatizzazione, quella visuo spaziale), ma c’è il ragazzo più portato per la musica come anche il ragazzo più portato per i rapporti sociali (intelligenza interpersonale), ci potrebbe essere l’intelligenza naturalistica dominante … la scrittura mette in evidenza queste particolarità e, se non attraverso la scrittura, ad esempio quando i bambini sono molto piccoli, attraverso i disegni che sono sempre oggetto di studio del grafologo dell’età evolutiva.

La disgrafia è un fenomeno notevolmente diffuso rispetto ad un tempo e i motivi sono diversi.

I bambini si trovano molto spesso di fronte ad un metodo che tende  ad imporre modalità di azione grafomotorie che non li aiutano a far emergere quello che è già in loro sotto forma di potenziale attività grafomotoria, perché non sono in linea con le loro innate predisposizioni che, invece, andrebbero osservate direttamente da un insegnante che, se non è lui stesso grafologo, può farsi aiutare da un buon grafologo nell’indirizzare la sua operazione didattica alla scrittura.

Ma una brutta scrittura può essere l’effetto anche di una causa emotiva e scoprire detta causa è fondamentale perché in tal caso una rieducazione opprimerebbe soltanto l’alunno, non si è colto il canale giusto e l’alunno avrebbe ottenuto solo una frustrazione.

Infine, se è vero che come mezzo di comunicazione la scrittura serve sia per apprendere sia per socializzare, è altresì vero che occorre desiderare di esprimersi e di entrare in contatto con l’altro ed è anche questo a cui mirano le attività ludico  – formative attraverso cui apprendere il gesto grafico e potenziare la funzione relazionale e comunicativa della scrittura.

La scrittura è l’esternalizzazione di quello che noi siamo dentro ed è quindi un canale di comunicazione molto importante nell’interazione tra insegnante e alunno.

Attraverso la scrittura non solo è possibile fornire un aiuto concreto all’alunno per acquisire una maggiore consapevolezza di sé, indipendentemente dal voto, ma si possono far presente le caratteristiche positive dell’allievo ai docenti che possono partire da dette caratteristiche per sbloccare lo studente attraverso le modalità più consone per raggiungere, anche, un maggior profitto.

È importante cogliere il disagio dell’alunno per capire l’approccio da adottare; disagio che può essere anche fuori del ragazzo per cui, in tali casi, può essere utile analizzare anche la scrittura dei genitori perché, oltre che rimandare le caratteristiche del figlio per aiutarlo nella crescita, si possono dare indizi ai genitori stessi sulle loro modalità relazionali con il ragazzo.

La grafologia, anche in questo caso, dà un contributo fattivo alla scuola in cui il disagio si è manifestato.

Il compito principale del grafologo che si approccia agli adolescenti è quello di stimolare le possibilità, l’ottimismo e la fiducia di poter scegliere, ossia insegnare il senso dellorientamento.

Il lavoro non ha più il concetto del posto fisso per la vita e tutte le situazioni suggeriscono instabilità, per cui pensare di seguire una strada tracciata in maniera deterministica può essere oggi una strada inefficace che può creare il pericolo di illusioni.

È più opportuno insegnare al ragazzo come gli eventi inaspettati possano trasformarsi in opportunità, aiutandolo a valutare cosa può mettere in campo se una situazione che lui desidera non si realizza, ossia mettendo sul piatto le abilità che possiede per consentirgli di sentirsi forte.

Dare la possibilità di immedesimarsi scenari possibili consente di prendere in considerazione le strategie per situazioni che possono essere già presenti o manifestarsi.

Le cui storie personali si intrecciano continuamente con quelle professionali e relazionali.

Lo strumento grafologico consente di entrare nel tutto tondo della persona e consente di fare da mediatore con i docenti che non sanno (a volte sono gli stessi ruoli che creano difficoltà nella comunicazione) :  sapere che un ragazzo ha una situazione difficile a casa consente all’insegnante di capire che quello che appare come atteggiamento di svogliatezza è in realtà un blocco. 

Per consentire all’alunno di lavorare senza coercizione è necessario che lo studente sia ‘regolato’ emotivamente e la scrittura è a tal riguardo uno strumento di analisi essenziale che hanno in mano solo i grafologi dato che consente di cogliere aspetti estranei a chi non è grafologo ; nell’adolescenza rappresenta un contributo importantissimo perché se nell’adolescente andiamo ad esaltare le difficoltà e le chiusure tipiche del processo fisiologico del periodo che sta attraversando avremo un processo opposto di chiusura che non favorisce né l’apprendimento né la comunicazione.